I profughi italiani
I profughi italiani arrivarono in Val Mesolcina dopo la repressione dei moti rivoluzionari per l’indipendenza italiana del 1821. I primi giunti a Grono pare siano stati due dottori in medicina: Dom. Brancha e Castagnoni. Da una decisione della Vicinanza del 7 dicembre 1823 risulta che il Brancha prima e in seguito il Castagnoni vennero, a loro richiesta , ammessi a “servire la Comunità in qualità di medici, ai quali si riconoscerà un Luigi Annuo”. Nel paese giunse pure il Dr. Umiltà Repoldi, altro medico che abitò prima a Mesocco e più tardi a Grono dove rimase per undici anni. A Grono dimorò poi Andrea Simeoni, mazziniano, che per sbarcare il lunario istituì una scuola privata nella casa di Cimagrono, frequentata anche da giovani dei paesi vicini. Nel 1835 Grono nominò il Simeoni maestro della scuola comunale, fino ad allora affidata ai parroci.
Purtroppo al neoeletto maestro, persona stimata in paese, fu respinta da Coira una domanda della Sovrastanza per l'ottenimento di un permesso di soggiorno. Questa richiesta fu corredata anche da una supplica di molti padri di famiglia. Tuttavia, dopo lunghe corrispondenze, il governo cantonale ordinò l'espulsione del Simeoni.
La faccenda ebbe perfino strascichi legali per il Comune di Grono. In seguito al conflitto sorto tra gli organi della polizia e il Console reggente Fedele Tognola, intervenuto a proteggere il maestro, il Comune venne infatti denunciato per atto di ribellione al Gran Consiglio. Malgrado una brillante difesa dell’avv. Giov. Batt. Tscharner, il Gran Consiglio si pronunciò in data 8 novembre 1836 a maggioranza contro il mazziniano in questi termini: il Comune di Grono è ritenuto colpevole di insubordinazione alle Autorità cantonali e di conseguenza obbligato a:
1. Espellere immediatamente il maestro Simeoni, con minaccia, in caso diverso, di intervento militare a sue spese;
2. Pagare una multa di 50 corone;
3. Pagare le spese, dell’importo di 500 Fiorini.